Messico

Messico, 8 ottobre – Mobilitazioni in tutto il paese e nel mondo per gli studenti di Ayotzinapa

Il massacro degli studenti di Ayotzinapa ha suscitato in questi giorni un crescendo di indignazione in tutto il Messico. Ormai pare molto probabile che i resti umani incontrati in alcune fosse clandestine nei pressi di Iguala appartengano ad alcuni dei 43 giovani detenuti dalla polizia il 26 di settembre e poi fatti sparire.

I genitori e i compagni di questi desaparecidos non credono a questa versione del governo e continuano a chiedere alle istituzioni la presentazione in vita dei ragazzi, in attesa dei risultati del DNA dei corpi ritrovati, irriconoscibili in quanto sfregiati, fatti a pezzi e bruciati prima di essere interrati.

Per il giorno 8 di ottobre è stata lanciata una giornata di mobilitazione in sostegno agli studenti di Ayotzinapa, alla quale ora dopo ora stanno aderendo organizzazioni sociali di tutto il paese. Si prevede che in decine di città messicane e nel mondo si svolgeranno marce ed iniziative per chiedere giustizia per questo massacro. Anche l’EZLN ha diffuso un comunicato in cui esprime solidarietà agli studenti di Ayotzinapa e dichiara che le sue basi d’appoggio realizzeranno un’iniziativa nella cittadina di San Cristobal in Chiapas.

Il massacro di Iguala avviene in un contesto, quello del Guerrero caratterizzato storicamente da ampie disuguaglianze e forti tensioni sociali, oltre che da importanti e vari processi organizzativi e di lotta, come quello degli studenti di Aytozinapa, una scuola in cui studiano figli di contadini che si formano per fare i maestri nelle zone povere del paese. Una regione che negli ultimi anni ha visto il diffondersi della presenza della criminalità organizzata, cartelli di narcotrafficanti che si contendono il territorio e in certe regioni hanno penetrato tutti gli apparati di governo e di polizia. “Nello stato delinquenziale che regna in vaste zone del Guerrero, narcotrafficanti e poliziotti sono due facce della stessa medaglia”, scrive Luis Hernandez Navarro in un interessante articolo sul quotidiano La Jornada.

Come nel caso di Iguala, in cui i poliziotti municipali erano al soldo del cartello Guerreros Unidos, il gruppo criminale che l’altro ieri ha appeso striscioni nella cittadina per chiedere la liberazione di quegli stessi poliziotti detenuti con l’accusa di essere gli artefici del massacro degli studenti, e ha minacciato in caso contrario di diffondere i nomi dei politici che collaborano con loro. Così come narco era il sindaco di Iguala, attualmente latitante, che lo scorso anno fece uccidere due attivisti sociali della città, e nonostante prove giudiziarie che lo riconoscevano come mandante fu protetto dal governo dello stato del Guerrero, del suo stesso partito, il Prd del centro sinistra. Lo stesso governo, presieduto da Angel Aguirre, che nonostante oggi dichiari di voler ricercare una verità e giustizia per ciò che è accaduto, nel dicembre del 2011 ordinò un operativo di polizia in cui furono uccisi due studenti di Ayotzinapa durante un blocco stradale e fino a pochi giorni fa ha generato una propaganda di delegittimazione e di criminalizzazione nei confronti del loro movimento.

Per questo i genitori e compagni degli studenti massacrati, così come tanti nel paese, non credono alle versioni ufficiali che rimandano la responsabilità del massacro a cartelli di narcos e politici corrotti, ma vedono in questo episodio un esempio paradigmatico del processo che sta investendo ampie regioni del paese, in cui gruppi di narcos e settori della politica e delle forze dello stato stanno creando un clima di violenza e di terrore. Ciò che è in ballo sono ampi territori del paese che in questi anni sono diventati l’aspirazione di multinazionali del settore estrattivo che si contendono l’accaparramento di risorse naturali e minerali e vedono nelle popolazioni locali degli ostacoli per i loro grandi profitti. Lo stato del Guerrero negli ultimi anni ha visto la proliferazione di concessioni minerarie e di altri grandi progetti capitalisti, accompagnati dal sorgere di resistenze da parte delle comunità locali che si battono contro l’espropriazione dei loro territori; probabilmente non è un caso che in questo scenario si è assistito al diffondersi della presenza di gruppi di narcos e alla conseguente militarizzazione del territorio che non solo hanno provocato centinaia di morti e terrore, ma addirittura la fuga di migliaia di persone e l’abbandono di numerose comunità che sono attualmente disabitate. Questa è una chiave di lettura, anche se non la unica, del processo di violenza che sta attraversando il paese. E questi sono solo alcuni esempi di una situazione devastante che sta investendo alcune regioni del paese.

I fatti di Iguala fanno paura. Il sacerdote Solalinde, da sempre a fianco dei più deboli in Messico, ha dichiarato alla rivista Desinformemonos che ciò che è successo “non è una faccenda dei cartelli, ma una politica dello stato“, “un messaggio dello stato a coloro che dissentono contro chi sta al potere”. Allo stesso tempo però, pare che questo episodio abbia generato l’effetto della goccia che ha fatto traboccare il vaso, provocando delle prime crepe nel clima di paura e di abitudine alla violenza che in questi anni ha pervaso ampi settori della società. In tanti iniziano a manifestare un forte senso di indignazione che si comincia a notare con le ampie adesioni che si stanno costituendo attorno alla giornata di solidarietà per Ayotzinapa.

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