L’articolo è tratto dal blog #20ZLN che ne ha curato la
trascrizione e la traduzione .
Riportiamo la trascrizione tradotta del testo letto dal Subcomandante Insurgente Galeano al seminario “Il pensiero critico contro l’idra capitalista” il 6 maggio e legato ai racconti di donne in lotta e resistenza.
Vedi anche: Parole dell’EZLN al seminario “El Pensamiento Crítico frente a la Hidra Capitalista”
Bene, le compagne zapatiste vi hanno fatto l’onore di presentare tre generazioni di EZLN.
Come Zapatisti che siamo ci rendiamo conto che manca qualcosa che è simile alla “cinghia” che ci ha fermato, così vi leggero il testo dal titolo:
La visione degli sconfitti
ll testo che sto per leggervi è quasi tutto di un anno fa ed è quasi tutto farina del Sub Marcos.
Per un lungo periodo di tempo è toccato a lui parlare, non delle compagne indigene Zapatiste in se, ma della loro specifica lotta.
Molte volte le donne zapatiste parlavano attraverso di lui, nel bene o nel male starà a loro decidere se si sono sentite rappresentate oppure no. Sta a loro giudicare.
Fortunatamente ora sono le stesse compagne che parlano di loro.
Abbiamo sentito proprio adesso una specie di estratto della genealogia della lotta come donne, come indigene, come zapatiste. Tre generazioni di ribelli zapatiste non solo contro il sistema capitalista, ma anche contro di noi. Su questo tavolo, però, mancano almeno altre due generazioni.
La prima generazione è quella che va tra i 12 e 15 anni ed è formata da quelle che stanno diventando promotrici di educazione o salute, o escuchas, o tercios compas o insurgentes, o quello che la creatività del popolo zapatista inventerà e aprirà come spazio ribelle e libertario.
L’altra generazione è quella delle bambine Zapatiste che sono attorno agli 8 anni che nel ritratto sto provando a fare le sto disegnando come “difesa Zapatista”. Una bambina irriverente che sintetizza quattro generazioni di lotta e almeno per adesso è imprevedibile.
Nel raccontarci la nostra la loro storia le compagne sono state generose perchè hanno omesso una parte, o l’hanno solo menzionata, mi riferisco alla nostra resistenza come uomini zapatisti. La nostra resistenza contro loro, la nostra paura nel vedere come hanno rotto i modelli e gli schemi. Uscendo senza chiedere il permesso dal ruolo che il sistema, non solo, e anche noi uomini avevamo per loro costruito.
Nel rivedere la nostra storia vedo che c’è una sconfitta, che nelle vittorie che abbiamo appena menzionato non si riflette neanche pallidamente. Le difficoltà e gli ostacoli che le donne zapatiste devono affrontare tutti i giorni e tutte le ore, oltre a dover sottolineare che hanno lottato anche contro di noi e che ci hanno sconfitto.
Per questo dietro la loro storia c’è anche la nostra visione, la visione degli sconfitti.
Ma si può dire che non tutto è vero, perchè anche noi come la idra capitalista siamo disposti a recuperare le nostre antiche posizione approfittandoci di qualsiasi crepa, segno di debolezza, qualsiasi sintomo che ci indica che hanno abbassato la guardia.
Io che sintetizzo meglio di qualsiasi il machismo e il sessismo Zapatista, perchè esiste esattamente come c’è il sessismo di sinistra, il sessismo liberatorio, mi metto a pensare alle possibilità che come genere maschile abbiamo di recuperare quello che abbiamo perso. A ogni sconfitta che le donne ci hanno inflitto dicevo “torneremo e saremo milioni”. Ogni volta invece eravamo di meno. Sembra che i compagni Zapatisti, almeno i più giovani, vedono in modo naturale questi cambiamenti. Il resto cresce già con questa novità, che è una nuova realtà.
Penso che forse potremmo convincere la Comandanta Miryam a non partecipare più al comitato rivoluzionario indigeno comandanzia generale dell’EZLN. Non so, potremmo dirle che ha già compiuto il suo dovere, che sarebbe ora di riposarsi, che i suoi figli sono già cresciuti, che ritorni a casa. Lo dubito, ma possiamo provarci.
Penso che potremmo anche provare a convincere le Comandanti Dalia e Rosalinda che sarebbe meglio che cominciassero a pensare di sposarsi, che devono smettere di andare da un posto all’altro in riunione o assistere a questi seminari, che sarebbe meglio che cercassero i loro uomini per formare la loro famiglia. Difficile, ma possiamo tentare.
Penso che possiamo rinunciare alla possibilità di convincere la generazione di Elizabet e Selena che smettano di lottare come donne che sono, che sarebbe meglio che diventassero come le giovani partidiste e facciano un passo indietro nell’orologio delle lotte per poi diventare il contrario di quello che sono ora.
Non mi viene in mente come potremmo provare a relazionarci con la generazione della Tona, di Lupita e Stefania, per dirle che sarebbe meglio se smettessero di studiare, che sarebbe meglio che imparassero a impastare a mano invece di imparare ad usare il cellulare, il computer, la videocamera e internet per la lotta zapatista.
Guardate sarò sincero riguardo alla Bimba “difesa della lotta zapatista” mi viene solo in mente di compatire quello che sarà suo marito o sua marita.
Se mi domandate di cosa ne sarà di questa generazione, quale sarà il modo, le sue ansie, le sue sfide, risponderei copiando il racconto del Gatto-perro e direi “non lo sappiamo ancora”
Non mi resta che avvertire il Pedrito che le zapatiste con le quali si relazionerà negli anni saranno altre e che una sua posizione sulla difensiva non potrà che danneggiarlo. Facendo bene i conti, tra somme e sottrazioni, intuisco che la nostra sconfitta è irreversibile, e non solo siamo stati sconfitti ma abbiamo anche perso.
E vi dico con sincerità e con il cuore in mano che davanti a questa eroica lotta mi resta solo la consolazione che la nostra stupida resistenza maschile sia stata di aiuto alle nostre compagne per obbligarle ad essere migliori come donne e come Zapatiste.
Però se mi chiedete di fare uno sforzo e provare a ritornare all’inizio, all’origine di questa genealogia terribile e meravigliosa, vi direi che tutto ha avuto inizio con le insurgentas: quelle compagne che sulle montagne ed ovunque hanno rinunciato alle loro vite in e con la famiglia, loro che hanno lottato fin’ora per questo che è e per quello che sarà. Perchè se gli domandiamo come vedono quello che si è fatto fino ad ora loro vi risponderanno:
“Bene Sup siamo sicure che manca ancora molto”.
31 anni fa quando arrivò in montagna la prima indigena insurgenta ho sentito un brivido freddo percorrere tutto il mio bel corpo.
Perchè? Dai non siate cattive, non c’è più rispetto.
Sentii che non era per lei ma per quello che lei rappresentava. Stava arrivando una profezia.
Nessun uomo potrà mai dire che ti ha sconfitto, però ci sarà chi lo dirà. Per il resto lo sapete che sono zapatista quindi mi verrà in mente come contrattacare.
Vi ho già spiegato che nella nostra organizzazione ci sono indigene e non indigene. Questo vuol dire che ci sono compagne non indigene che sono Zapatiste. Noi Zapatisti e Zapatiste le consideriamo parte di noi, così come consideriamo zapatisti questo spazio il CIDECI – Uni Tierra e chi insegna, lavora e e lotta. Il compagno maestro Zapatista Galeano disse una volta “c’è chi è Zapatista e non sa finchè non se ne rende conto”.
Per le condizioni delle nostre lotte le compagne non indigene non possono mostrarsi neanche camuffandosi. Loro non sono in molte, si contano appena sulle dita di un paio di mani. La bimba “difesa zapatista” interrompe per ricordare che saremmo sempre di più, certo forse ci scopriranno ma saremmo di più.
Anche se tengono la versione nei templete per mostarsi alla luce, preferendo l’oscurità, l’anonimato, l’ombra quindi penso che neanche con il passamontagna accetterebbero di sedersi qui di fronte a voi, loro sono nessuno come nessuno di noi lo è.
Le parole che sto per leggervi sono collettivi anche se sembrerà come se fossero di una sola persona, di una compagna. Il mio lavoro è stato solo di raccoglierle e subire la tormenta che con queste parole si risveglia. Userò parole un rudi e dure, devo dire a mia difesa che tutte queste parole provengono dalle compagne donne indigene zapatiste, quindi se vi scandalizzate sedetevi perchè manca ancora….
Parla la compagna:
“Voi siete molto stupidi! Credete che se noi ci abbelliamo è per essere di vostro gradimento, oppure per provocarvi, o, come dite voi, stiamo cercando un uomo. E’ il momento che capiate che se noi ci agghindiamo è per il nostro piacere, perchè così siamo più comode oppure semplicemente perchè ci piace quel paio di scarpe, quella blusa, quella gonna, quel pantalone, insomma teniamo al nostro corpo.
Non ci abbelliamo perchè il maledetto padrone o padrona ci ha detto che così dobbiamo andare a lavorare e per finire a voi che cavolo vi interessa de perchè ci abbelliamo?
Voi credete di essere quasi dei cacciatori seriali, credere che la città è un campo di caccia e che le donne siano solo delle prede stupide. Pensate che facciamo tutto il possibile per diventare un facile bersaglio. Qualsiasi cacciatore sa bene che non è così. Ma gli uomini “machistizzati” sono così imbecilli che pensano non solo che le donne siano delle prede da cacciare ,così dicono i cacciatori, ma anche un preda che fa di tutto per essere cacciata ed entrare nel raggio di sparo della pallottola o del seme.
Guardate che i complimenti innocenti che sembrino possono, e con tutta ragione lo sono, essere percepiti come degli abusi. Non ci possiamo aspettare che in una società capitalista come la nostra, parlo del Messico, dove il tasso di femminicidio e violenza di genere è altissimo noi non si abbia paura. E’ ridicolo non aspettarsi un rifiuto come reazione.
Io penso solo che voi siete degli idioti” – certo io qui ho fatto l’espressione del “non sono stato io” prosegue la nostra compagna.
“Cosa credere che se ci chiamate “mamacita che bona che sei” oppure ci palpate il sedere per strada o sui trasporti pubblici, e poi siete vigliacchi perché fate anche finta di nulla e di non sapere chi è stato, noi ci butteremo fra le vostre braccia dicendovi “prendimi, fammi tua, papacito”?
Che poi siete degli stronzi che se noi vi diciamo “papacito che bello che sei” e vi palpiamo il sedere vi cagate addosso dalla paura e non sapete cosa fare.
Voi non volete legarvi, oppure fare solo del sesso, voi volete solo dominare, comandare, violentare, poi credete che siamo delle stupide come voi, che se arrivate con il discorso “Bene compagna che bella questa lotta, spiegami di più, dai prendiamoci un caffè per continuare a parlare che sei proprio intelligente” e noi che stiamo li a spiegarvi voi pensate, da stronzi, che è perché ci stiamo provando con voi. Quindi non tardate con un “Dai proviamoci su”, ma quando vi facciamo capire che non ci interessa, che era solo per parlare, voi reagite con “maledetta vecchia lesbo-terrorista, quello di cui hai bisogno è una bella scopata, così la smetti di dire stronzate, maledetta vecchia, non sei nemmeno così bella”
Alcune di queste frasi le ho copiate testualmente dalla conversazione su Twitter di una donna che raccontava del femminismo a uno dei suoi follower, un macho cybernetico, e immagino che poi l’abbia bloccato e unfollowato.
L’ho fatto vedere alla compagna che ha detto “purtroppo non è solo così su twitter ma anche nella vita reale”
La compagna non la smetteva ed io, come bravo uomo, ho sopportato la sua furia, e intanto pensavo “porca miseria e questa non è zapatista già da piccola, immaginate la bimba “difesa zapatista” quando crescerà. Certo sono “macho” ma non stupido, l’ho solo pensato non ho detto nulla.
Preosegue la compagna.
“Hai ragione quando si dice che noi donne siamo molto più crudeli con le altre donne rispetto agli uomini, e che usiamo insulti maschilisti fra di noi e così ci diamo delle “puttane, ruba marito, facile” oppure, come nel film di Pedro Infante “motivosa”. Sono termini che voi avete inventato. Ma non si dice che tutto è un processo?Che nelle comunità indigene le donne stanno costruendo il loro percorso senza che nessuno imponga loro come farlo, senza che nessuno dia degli ordini o che li vengano imposti manuali e modi?Bene anche noi stiamo imparando. E’ la cultura che ci frega con le vostre stronzate. Ci frega anche la nostra testa e forse è per questo che ci sono tanti “femminismi”, perchè ognuna di noi ha il suo modo e una sua storia, i nostri fantasmi, le nostre paure e cerchiamo il come combatterli per sconfiggerli. Voi di fronte alla nostra lotta potete accettare o no, ma attenzione ho detto di fronte alla nostra lotta, voi non siete parte di questa lotta. Pur molto sensibili e/o ricettivi che siate non potrete essere femministe.
Perchè non potrete mai mettervi davvero nei nostri panni, perchè non avrete mai il ciclo mestruale, perchè non avrete mai desiderio o paura di una gravidanza, non saprete mai cosa vuol dire partorire e mai saprete cosa vuol dire passare la menopausa, non avrete mai paura di uscire in strada con la luce del sole e dover passare davanti ad un gruppo di uomini, non saprete mai cosa vuol dire nascere, crescere e vivere con la paura che sorge dentro quello che siamo. Non è che non desideriamo essere donne, ne malediciamo di essere nate donne, tantomeno che avremmo preferito essere uomini. No, quello che desideriamo e lottiamo per averlo è essere donne senza che questo sia un peccato, una falla, una macchia, qualcosa che ci costringe a stare sempre sulla difensiva ed essere vittime dirette. Quindi non mi dite che ci sono uomini femministi, ci sono uomini più a modo ma non femministi. Solo quando questi uomini mi porteranno un assorbente macchiato con il loro sangue mestruale, solo allora potremmo iniziare a parlarne e forse nemmeno in quel caso.”
Nel frattempo io guardavo il corpo della compagna con attenzione. No, non stavo guardando ne il sedere né tanto meno le tette, stavo osservando le sue braccia e le sue gambe. Che tipo di scarpe stava calzando. Stavo calcolando così il potere d’impatto di un suo pugno o di un suo calcio. Il calcolo è stato vertiginoso, quindi mi misi ad una distanza che consideravo prudente e di sicurezza.
La compagna era arrabbiata però, e aveva le lacrime agli occhi. Non erano però lacrime di una vittima, erano lacrime di coraggio e rabbia. Mi ricordai delle lacrime negli occhi delle compagne e dei compagni di fronte al cadavere del compagno Galeano, le lacrime dei famigliari dei ragazzi assenti di Ayotzinapa quando ci raccontano la loro storia.
La compagna non ha preso neanche un fazzoletto ma con la manica della blusa si pulisce le lacrime e ha continuato a raccontare così:
“Si lo so che stai per dire che la colpa è del maledetto sistema capitalista, però maledetti anche voi che non fate niente, che siete svogliati, che continuate a dire che è importante lottare contro il sistema quando siete anche voi un pezzo di questo maledetto sistema.
Voi e anche noi, ma noi non ci arrendiamo e resistiamo.Voi neanche questo perchè siete pigri, comodi e stronzi. Lo so che questo è un insulto maschilista però vi brucia ed è per questo che ve lo dico”
“Guarda ti dirò che la cosa principale che ci hanno insegnato le nostre compagne delle comunità Zapatiste. Perchè anche noi siamo delle stronze che ci crediamo migliori, che sappiamo più di voi, che non siamo così messe male e vogliamo darvi lezioni di femminismo e insegnarvi a lottare per i nostri diritti. Ci hanno insegnato che queste sono solo storie, non abbiamo niente da insegnarvi né con i libri né con twitter, né con le tavole rotondo o con le riunioni. Le compagne, quando andiamo da loro o quando loro vengono da noi, non ci dicono cosa dobbiamo fare, né ci criticano, né sparlano,come dicono loro. Ci parlano e ci dicono che chiedono di imparare, ma noi non abbiamo niente da fargli imparare, loro ci insegnano con la loro lotta, com la loro storia, che ognuno e ognuna ha il suo modo di lottare. Quando ci raccontano la loro storia ci dicono che siamo noi così, siamo tutti e tutte diversi e diverse. Con la loro lotta ci fanno mettere in discussione, ci fanno svegliare, ci danno una scossa di quelle che si ringraziano.
Quello che ci ha fatto avvicinare allo zapatismo non sono state le compagne,anche si ma non solo. Non perchè vorremmo essere come loro, ci sono di mezzo anche i maledetti compagni zapatisti. Ciò che succede è che essere Zapatista ti fa voler essere migliore senza smettere di essere chi sei. Lo zapatismo non ti dice che devi andare a vivere in comunità oppure che devi imparare la loro lingua, che devi coprire il viso, che devi abbandonare tutto , anche la famiglia, per salire in montagna davanti alle compagne insurgenti ovunque esse siano. Ma bensì lo zapatismo ti dice ti chiede “Noi siamo qui a fare questo cosa fai tu la?”.
Lo Zapatismo non va con stupidate del tipo sei grassa, magra, bassa, alta, scusa, oppure bianca, vecchia, giovane, saggia, ignorante, campagnola, cittadina. Credimi non c’è amore più puro che questo, che ti rispetta, che ti ama per come sei ma ti avvelena perchè allo stesso tempo ti fa desiderare di essere migliore come persona, come donna. Non ti obbligano, non te lo chiedono, e nemmeno lo insinuano. Questa è la fregatura, perchè questa voglia nasce da te e non c’è nessuno da rimproverare o a chi rendere conto se non al maledetto specchio.
E non dobbiamo dare la colpa agli uomini, o al maledetto sistema, o alle condizioni. E’ così forte che ti rovescia addosso tutto, ti obbliga ad essere responsabile di quell’amore e non c’è un maledetto angolo dove puoi nasconderti. Maledetto Zapatismo.”
Io ho sopportato come gli uomini macho. Ho scritto tutto senza cambiare nulla. E senza dire nulla.Le parole sono tali e quali come le ho ascoltate e lette. Sono belle, voi sarete d’accordo come me,non perchè le ho registrate ma perchè sono parole difficili da dimenticare. Alla fine ho detto alla compagna che avrei presentato queste parole al seminario, se voleva quindi aggiungere ancora qualcosa per terminare.
Lei si è fermata qualche secondo e poi ha detto “si, Di ai maledetti uomini che se la prendano con i loro maledetti padri, si con i loro padri non con le loro madri perchè le madri non hanno colpa se sono così stupidi. Poi di alle compagne, anche alle compagne Zapatiste che non sanno ancora di esserlo” – ci pensa, sembra che stia cercando una parola che non riesce ad esprimere – “guarda io non sono credente, ma in questo momento non trovo altra espressione per dire ciò che penso, quindi di alle compagne che dio le benedica. Spero un giorno di ritrovarmi non di fronte a loro, ma accanto a loro, e di non sentire la vergogna che mi brucia il petto, mi auguro che arrivi il giorno che mi chiameranno compagna sia per quello che sono perchè lo sono.
Bene adesso ho da fare, dai tercios compas, o occuparmi della rivista e dei comunicati, trascrivere la registrazione, controllare il testo, dell’artigianeria, andare alla riunione e al lavoro, alla lotta sempre alla lotta. Ahh e di al Gatto-Perro che se piscia ancora sulla sedia mi sentirà”
Così la compagna se n’è andata, io feci un controllo del mio corpo per assicurarmi di non avere nessuna frattura o ferita, se non avevo perso niente altro alla superbia, accertandomi che le mie parti del corpo fossero ancora intatte. Mi sedetti al computer per trascrivere le sue parole. Certo, primo ho avvisato il Gatto-perro di cercare un paese dove non ci sia il trattato di estradizione.
Con questo resta che noi uomini abbiamo sempre l’ultima parola. Che altro non può essere che – Grazie, grazie alle insurgenti, grazie alle donne Zapatiste indigene e no, grazie alle compagna della sesta e anche alle compagne che non sono della sesta che però lottano ugualmente.
Subcomandante Insurgente Galeano
San Cristobal De Las Casas
6 maggio 2015.
Lascia una risposta