Il Governo del Messico vuole chiudere il caso Ayotzinapa prima delle elezioni, nonostante non siano stati fatti ulteriori passi avanti nelle indagini ufficiali. È la denuncia dei rappresentanti del Comitato Padres y Madres de Ayotzinapa durante l’udienza di fronte alla Comisión Interamericana de Derechos Humanos (CIDH) avvenuta a Bogotá il 2 marzo.
L’udienza è stata preceduta la sera prima da una riunione tra i genitori e i funzionari dello stato, che ha lasciato insoddisfatti i genitori. «Ci avevano assicurato che secondo il loro calendario avrebbero arrestato poliziotti e militari, ma questo non è avvenuto, non c’è stato alcun avanzamento», ha dichiarato Epifanio Alvarez, genitore di uno dei 43 studenti scomparsi, che ha poi concluso il suo intervento così: «Non vogliamo finire come la nostra compagna Minerva, che se ne è andata senza conoscere cosa ne è stato di suo figlio mentre le autorità si fanno sorde e mute».
L’incontro di Bogotà fa parte di un programma di monitoraggio del Mecanismo Especial de Seguimiento (MES), il gruppo di esperti nominati dalla CIDH per seguire il caso e il cui obiettivo è valutare i progressi delle indagini nella ricerca dei 43 studenti scomparsi. Ad aprire la sessione di lavoro è stata Cristina Bautista, madre di Benjamin, che ha chiesto un minuto di silenzio per Minerva Bello, madre di uno dei ragazzi scomparsi, deceduta un mese fa a causa di un tumore, aggravato dalla sofferenza di non avere notizie del figlio Everardo da oltre tre anni. Punto fondamentale dell’incontro è la denuncia dei genitori: lo Stato ha intenzione di chiudere il caso prima delle elezioni di luglio. Prova ne è il tentativo delle istituzioni di cancellare la seconda udienza con la CIDH prevista per maggio perché troppo a ridosso dell’appuntamento elettorale. Per i genitori c’è il rischio che si voglia utilizzare il caso a scopi elettorali. Mario Gonazalez del comitato di genitori lancia l’allarme: «È importante che continui il lavoro del MES, perché è pericoloso lasciare lo Stato senza supervisione internazionale».
L’avvocato dei genitori Vidulfo Rosales ha preso la parola per ricordare che «le linee investigative sulle autorità del Guerrero, sulla Polizia Federale e sull’Esercito non hanno fatto progressi, quando risultati avrebbero dovuto esserci già nell’agosto scorso. Abbiamo fatto una proposta per recuperare il tempo perso ma le istituzioni si negano, sembrano più preoccupate di coprire il crimine che a trovare la verità». La risposta dei funzionari di Peña Nieto è stata effettivamente negativa: secondo loro le proposte fatte dai legali delle famiglie potrebbero far ritardare le indagini e inoltre, sostengono, istigano a procedere al di fuori della legge. A queste accuse ha risposto Luis Ernesto Vargas, membro del MES, il quale ha dichiarato che la proposta di calendario di attività proposta dai genitori è rispettosa della legge e può essere approvata e anzi esorta lo Stato a farlo.
Gli avvocati delle famiglie hanno poi ricordato che lo Stato messicano non ha portato a termine gli impegni presi, primo fra tutti abbandonare definitivamente la “verdad historica”, già ampiamente smontata dalle contro inchieste del GIEI, mentre resta sempre da chiarire il ruolo avuto nei fatti del 26 settembre 2014 dallo stato del Guerrero, dalla polizia federale e dalle polizie locali dei vari municipi coinvolti. Inoltre durante l’ultimo anno non ci sono stati arresti inerenti al caso ed è dal dicembre 2014 che non ci sono nuovi inquisiti; per finire non c’è nessuno sotto processo per sparizione forzata. A queste accuse i responsabili delle indagini ufficiali hanno risposto che gli avanzamenti nelle indagini ci sono stati, in particolare sull’utilizzo di alcuni dei telefoni degli studenti dopo la scomparsa, ma non hanno fatto sapere quali perché secondo loro non è possibile renderli noti in un’udienza pubblica.
L’incontro è terminato con l’esortazione della CIDH a seguire le indicazioni e le richieste delle famiglie e, ancora una volta, con la certezza che la verità e la giustizia passano attraverso la mobilitazione permanente ferma e radicale del Comitato Padres y Madres de Ayotzinapa e al sostegno irrinunciabile della solidarietà nazionale e internazionale. Questo è l’unico percorso possibile per ritrovare i 43 studenti vittime di sparizione forzata.
¡Vivos los queremos!
Articolo tratto da Globalproject