Monica Zornetta – Ne è passata di acqua sotto ai ponti (e uno di questi è pure crollato… e non certo a causa dell’acqua) da quando Luciano Benetton era il protagonista di certe provocatorie campagne firmate da Oliviero Toscani. Era il 1993 quando posava come mamma l’ha fatto, coperto solo dalla scritta “I want my clothes back”, cioè “Ridatemi i miei vestiti”, sulle copertine di 150 quotidiani e di un migliaio di periodici in tutto il mondo per la campagna pubblicitaria del Clothing Redistribution Project. Per questo fa un certo effetto vederlo oggi, a 84 anni suonati, vestire – in una foto del solito Toscani – lo stesso maglione rosso acceso o la stessa giacca blu che indossa anche una giovane e sorridente sudanese, per “inneggiare all’uguaglianza della diversità”, come ha di recente scritto il quotidiano La Tribuna di Treviso. Imbarazza quel messaggio perché quanto sta continuando ad accadere in Argentina ce lo mostra per quello che è: una colossale bugia. La dinastia italiana – che nel Paese latinoamericano, e specialmente nelle province di Santa Cruz, Chubut, Rio Negro, Neuquen e Buenos Aires, possiede circa 900 mila ettari di terra acquistati nel 1991, quando al governo c’era Carlos Menem, per 50 milioni di dollari1 – non sembra infatti molto interessata a coltivare il concetto di rispetto e uguaglianza con i popoli (i Mapuche e i Tehuelche per esempio) che un tempo abitavano quelle terre2 e che da un paio d’anni hanno cominciato un processo di recupero che li ha portati a subire abusi, persecuzioni giudiziarie e repressioni. Anche da parte dello Stato argentino.
Sono terre che i Benetton sfruttano intensamente, modificandole a proprio piacimento non solo per allevare le pecore che forniscono la lana per i maglioni ma, anche, per portare avanti una sorta di moderna “corsa” all’oro, all’argento e ad altri preziosi minerali con la loro miniera, la Minsud Resources Corp (con capitale canadese e sede a Buenos Aires3), la cui attività si concentra da anni nell’intensa perforazione della Cordigliera. Il progetto più importante della Minsud, e anche il più devastante, è quello denominato Chita Valley, che comprende sette proprietà nella provincia di San Juan4 per un totale di 174 chilometri quadrati.
Già 15 anni fa alcune comunità Mapuche e diversi residenti di quella zona si erano opposti con forza alla miniera, denunciando il suo pesante impatto ambientale, sanitario, sociale ed economico, spiegando i motivi per cui non rappresentava un importante veicolo di sviluppo economico e occupazionale per il territorio (come invece sostenevano i responsabili dell’impresa e i loro supporters politici e mediatici) e corredando il tutto con dettagliati studi, rapporti, mappe. Con il tempo la loro battaglia è continuata e si è perfino ampliata, arrivando a coinvolgere anche i cittadini di altri luoghi vicini, impegnati, come loro, a resistere alle megaminiere5. In un report intitolato “No alla mina” (consultabile on line su: www.noallamina.org), hanno spiegato che l’opera ha portato benefici e ricchezze solo alle corporations straniere lasciando invece al territorio e al medio ambiente, uno stato di contaminazione irreversibile, tale da pregiudicare le possibilità di sviluppo regionale di altre attività economiche, improntate – queste sì – alla sostenibilità. Nonostante ciò, nel 2017 il governo argentino ha ritenuto di dover implementare le misure in favore del settore minerario, firmando un accordo che, per attirare ancor più investitori stranieri, ha trasformato in carta straccia le leggi ambientali in vigore.
Ecco perchè quella foto antirazzista dello smagliante Luciano Benetton in maglione rosso disturba: perchè è ipocrita. Perchè quello che la sua impresa fa, in Argentina, è esattamente il contrario di quanto dice. Perchè quello che accade ogni giorno, laggiù, è l’opposto di quel proficuo scambio, della tolleranza e dell’amicizia tra i popoli che da sempre sono al centro della sua propaganda mondialista (lo hanno ben capito i Mapuche quando scrivono: «La menzogna non è un marchio registrato di Benetton: ne è la sua essenza […]. A loro bastano fotografie ad effetto per rifarsi la faccia […]6»). Perchè lo stesso Luciano, anni fa, in occasione di un altro conflitto con una comunità Mapuche “en recuperacion territorial” (con, in testa, la famiglia di Atilio Curinanco e Rosa Rùa Nahuelquir), ha dimostrato di non riuscire a capire – o di non voler capire – la cultura nativa, di essere totalmente disinteressato al dialogo e alla reciprocità, tanto da aver spinto nel 2004 il premio Nobel per la Pace, Adolfo Perez Esquivel, a usare parole molto dure in una lettera a lui indirizzata.
«Lei, che ha comprato 900 mila ettari di terra in Patagonia per accrescere la sua ricchezza e il potere e si muove con la stessa mentalità dei conquistatori, non ha bisogno di armi per raggiungere i suoi obiettivi ma uccide, con la stessa forma, usando il denaro». La restituzione di una parte della terra, ha continuato Perez Esquivel nella lunga lettera di cui riporto solo alcuni passaggi7, «sarebbe un gesto di grandezza morale e le assicuro che riceverebbe molto di più che la terra: la grande ricchezza dell’amicizia che il denaro non potrà mai comprare […] Tutti siamo di passaggio nella vita, quando arriviamo siamo in realtà in partenza e non possiamo portare niente con noi. Possiamo però lasciare al nostro passare le mani piene di speranza per costruire un mondo più giusto e fraterno per tutti».
Tratto dal sito di Monica Zornetta
Note
1 La Compañía de Tierras Sud Argentino SA, ex Argentinian Southern Land Company Ltd, possiede quelle fertilissime terre ancestrali che alla fine dell’Ottocento, al termine della sanguinosa Campana del Desierto, il presidente argentino Jose Felix Uriburu aveva donato a numerose compagnie inglesi nonostante la legge vietasse che nelle mani di una sola persona, o di una sola società, si concentrassero grandi quantitativi (oltre 400 mila ettari). Da quel momento nessun governo ha più mosso un dito per cambiare un modello economico che il quotidiano Izquierda Diario definisce “predatorio”. Dopo la morte di Carlo Benetton la presidenza della Compania de Tierras Sur Argentino è passata al figlio Leone.
2 In Argentina la vendita di terra con le persone che ci vivono è assai frequente”, aveva detto nel 2004 Mauro Millan, dirigente dell’organizzazione Mapuche-Tehuelche “11 de Octubre”.
3 Nello stesso stabile della Compañía de Tierras Sud Argentino SA.
4 Il territorio è conosciuto in tutto il mondo per la sua produzione vinicola.
5 Nel 2003, ad Esquel, un referendum ha registrato una altissima percentuale di oppositori alle mega miniere: l”81%.
6 L’articolo del 2003, intitolato “I volti nuovi della colonizzazione. Benetton: la multinazionale della menzogna, i colori uniti della simulazione”, è contenuto nel libro “United Business of Benetton. Sviluppo insostenibile dal Veneto alla Patagonia” di Pericle Camuffo, Stampa Alternativa (2008).
7 Nel 1974 Adolfo Perez Esquivel è stato tra i fondatori del Serpaj – Servicio Paz y Justicia: http://www.derechos.org/serpaj/