Da oltre due decadi, il leader curdo Abdullah Öcalan è prigioniero nel carcere turco dell’isola di İmralı. In questo Op-Ed scritto per Jacobin, l’autore invoca il “progetto della nazione democratica”, capace di unire i cittadini di diverso gruppo etnico e differenti tradizioni culturali. Traduzione a cura di Marco Sandi e Ilaria Faccin.
La modernità capitalista è la più letale e continua crisi della civilizzazione. In particolare, la distruzione diffusa degli ultimi due secoli ha disgregato migliaia di legami evolutivi con l’ambiente che ci circonda. Molto probabilmente non siamo del tutto consci della devastazione che queste pratiche hanno causato al mondo animale e all’ambiente. E’ altresì chiaro che, come l’atmosfera, entrambi questi mondi stanno emettendo chiari segnali di aiuto.
Per quanto tempo l’umanità può continuare a resistere alla modernità, la quale ha inflitto devastazioni ambientali di vasta portata e causato la disintegrazione della società? Come potrà l’umanità lenire il dolore e l’agonia della guerra, della mancanza di lavoro, della fame e della povertà?
La rivendicazione che lo Stato-Nazione protegge la società è una chiara illusione. Al contrario, la società è stata sempre di più militarizzata dallo Stato-Nazione e del tutto sommersa in un tipo di guerra. Definisco questo tipo di guerra come genocidio della società, che viene imposto in due modi.
Nel primo caso, il potere e lo Stato controllano, opprimono e sorvegliano la società.
Nel secondo, la tecnologia dell’informazione (i monopoli dei media) degli ultimi 50 anni anni hanno rimpiazzato la società reale con una società virtuale. Contro i canoni del nazionalismo, della religione, del sessismo, dello scientismo, delle arti e dell’industria dell’intrattenimento (sono inclusi sport, soap opera, etc) con i quali la società è stata martoriata 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 dai media, come si può difendere la società?
È diventato abbastanza chiaro che lo Stato-Nazione in Medio Oriente è uno strumento di dominazione della modernità capitalista. Quello che fu il Trattato di Versailles per l’Europa, lo fu l’Accordo Sykes-Picot, redatto tra inglesi e francesi nel 1916, per il Medio Oriente: “Una pace per mettere fine a tutte le paci”.
Gli stati-nazione dei nostri tempi hanno lo stesso significato nella regione che ebbero i governatori dell’Impero Romano, ma a differenza di questi ultimi, sono addirittura più collaborazionisti con la modernità capitalista – e si allontano ancor di più dalle tradizioni culturali della regione. Essi sono in guerra internamente con i loro stessi popoli e, anche esternamente, gli uni con gli altri. L’estinzione delle società tradizionali significa guerra contro i popoli e le mappe disegnate con un righello sono un invito alla guerra fra stati. Nessuno di loro è adeguato per il superamento della crescente crisi; nei fatti, la loro esistenza peggiora questa crisi.
A mio avviso, una terza guerra mondiale sta prendendo piede globalmente, nel cui centro di gravità si trova il Medio Oriente. In termini di estensione e durata, questa guerra è sia più profonda che di più lunga durata delle prime due guerre mondiali. Il risultato è decadimento e disintegrazione. E può finire solo con la formazione di un nuovo equilibrio regionale e globale. Sostengo che la sorte della guerra mondiale della modernità capitalista sarà determinata dagli sviluppi in Kurdistan. Questo è dimostrato da cosa sta succedendo in Iraq e in Siria.
L’esistenza dello Stato-Nazione è un’anomalia nella storia del Medio Oriente e la sua perseveranza conduce ai disastri. Lo Stato-Nazione turco crede che con un genocidio finale dei Curdi si renderà eterno, uno Stato-Nazione integrato nella sua patria e nella sua nazione. Chiaramente, a meno che la Turchia non abbandoni questo paradigma, essa sarà meramente una scavatrice di tombe per i popoli e le culture della regione, incluso lo stesso popolo turco. Il futuro dello stesso Iran, similmente, rimane incerto sia per la sua stessa esistenza sia per la regione.
La situazione dei Curdi, smembrati dagli stati-nazione in Medio Oriente, imponendo loro forme di annientamento e di assimilazione in ognuna di queste parti, è una completa catastrofe. I Curdi sono, per così dire, condannati ad una lunga e mortale agonia.
La lotta curda
Tuttavia, le condizioni ora sono maturate e i Curdi, attraverso la loro lotta, possono costruirsi una via d’uscita dal tentativo a tenaglia di genocidio. Questo è possibile solo attraverso il progetto della nazione democratica, basata su cittadini liberi ed uguali, che coesistono solidali, abbracciando tutte le culture e tutte le realtà religiose. Questo è, quindi, un progetto forgiato insieme a tutti gli altri popoli della regione. La metodologia per raggiungere questo risultato si sta sviluppando, passo dopo passo.
Il Rojava e tutto il Nord-Est della Siria, governati da un’amministrazione autonoma multietnica, multireligiosa, basata sulla libertà delle donne, sta sorgendo come un faro di libertà. Questo rappresenta una soluzione modello sia per i popoli del Medio Oriente sia per gli stati-nazione.Tale modello non propone il rifiuto dello stato-nazione, ma che questo sia limitato a una soluzione democratica e costituzionale. Questo garantirà l’esistenza e l’autonomia sia dello Stato nazionale, ovvero la nazione costruita dallo Stato, sia della nazione democratica.
Il ricco patrimonio di entità etniche, religiose e confessionali e delle loro culture, può essere tenuto assieme in questa regione solo da una mentalità legata alla nazione democratica che promuove pace, uguaglianza, libertà e democrazia. Ogni cultura, da un lato, si costruisce come gruppo nazionale democratico. Dopo, essi possono vivere in un livello più alto di unione nazionale democratica con le altre culture con cui già vive assieme.
La soluzione della nazione democratica proposta dai Curdi ha consentito loro di eliminare Isis, il risultato del monismo religioso, a nome di tutta l’umanità. Questo è senza dubbio il risultato del nostro paradigma basato sulla libertà delle donne, facendo di esso un modello per tutto il mondo.
Combattendo per il futuro
Ad ora, gli sviluppi nel Nord-Est Siria hanno raggiunto un punto importante. Il riconoscimento dell’Amministrazione del Nord-Est della Siria e della democrazia locale rappresenta per i popoli arabi, curdi, assiri, armeni e per tutti gli altri popoli uno sviluppo molto importante sia per la Siria che, più in grande, per il Medio Oriente.
Il nostro appello al ritorno da Europa, Turchia e da ovunque sarà possibile solo quando verrà dichiarata la costituzione democratica della Siria.
La nostra visione del conflitto turco-curdo che va avanti da quasi un secolo è chiara. Noi stiamo sviluppando una soluzione democratica della questione curda dal 1993. La nostra linea, come visto nel 2013 nei colloqui con lo stato turco, tenuti ad İmralı, espressi nella Dichiarazione del Newroz, mentre si entrava nel processo di dialogo, è oggi più importante che mai. Rinforzammo le istanze nella dichiarazione dei sette punti che proponemmo nel 2019. Insistiamo nel bisogno di una riconciliazione sociale e di una negoziazione democratica, per rimpiazzare la cultura di polarizzazione e di conflitto.
Oggigiorno, i problemi possono essere risolti non con gli strumenti fisici della violenza ma con il soft power. In condizioni favorevoli, potrei gettare le basi per eliminare il conflitto in una settimana. Quanto allo Stato turco, esso si trova ad un bivio. Esso può continuare la sua strada verso lo sfasamento come altri stati-nazione nella regione, oppure entrare in una dignitosa pace e in una significativa soluzione democratica.
In ultimo, tutto sarà determinato dalla lotta tra le parti. Il successo della lotta ingaggiata dai Curdi attraverso una politica di pace e democratica determinerà il risultato finale. E la libertà prevarrà.
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