13 paesi in 33 giorni per denunciare le connivenze del narco-stato e chiedere giustizia
La procura messicana “chiude il caso” Ayotzinapa ma la lucha sigue
Narcos e stato, conniventi, compenetrati. Una strage. 30mila desaparecidos in un decennio. 100mila morti per la narcoguerra. La repressione sociale legittimata e potenziata dalla guerra alle droghe. Casi irrisolti: il 97%. Il Messico è anche questo.
Il 17 aprile parte una carovana per denunciare, ricordare, ottenere giustizia. Dopo un mese negli Stati Uniti, ora tocca all’Europa: 13 paesi in 33 giorni.
Eleucadio Ortega, uno dei genitori delle vittime della strage degli studenti di Ayotzinapa, Omar García, sopravvissuto all’attacco del 26 settembre scorso e portavoce del Comitato studentesco della scuola rurale normale di Ayotzinapa, e Román Hernández, del Centro per i Diritti Umani della Montagna Tlachinollan, sono partiti il 15 aprile da Città del Messico alla volta di Oslo, prima tappa di un lungo tour per denunciare la grave crisi dei diritti umani in Messico e chiedere giustizia. Il 28 aprile saranno a Milano e il giorno dopo a Roma.
Il 26 settembre 2014, a Iguala, nel meridionale stato del Guerrero, la carneficina di studenti della scuola rurale di Ayotzinapa e la sparizione forzata, cioè la desaparicion, di 43 di loro ha scosso il paese e il mondo intero. A quasi 7 mesi dai fatti di Iguala non è stata fatta giustizia, la procura messicana ha praticamente chiuso il caso, e allora restano le istanze internazionali. Collettivi e comunità, studenti e lavoratori, organizzazioni civili e sindacali, movimenti sociali e difensori dei diritti umani, media alternativi e indipendenti hanno unito i loro sforzi per realizzare una carovana con le vittime e i portavoce di Ayotzinapa, esigere la presentazione in vita dei desaparecidos e la fine della repressione contro il loro movimento.
La carovana, che si può seguire su Twitter con l’hashtag #EuroCaravana43, ha diversi scopi.
Lo stato messicano deve farsi responsabile dei crimini di lesa umanità e delle violazioni ai diritti umani che i propri apparati incessantemente commettono in una quasi totale impunità: l’esigenza che siano ritrovati vivi i desaparecidos, in questo senso, non è pura retorica, né un grido disperato senza speranza, ma rappresenta la denuncia più forte e tagliente dell’inettitudine statale e della sua complicità nella crisi umanitaria del paese. Per questo: “Vivos se los llevaron, vivos los queremos”, “Vivi li han portati via, vivi li rivogliamo”, perché non è possibile che la procura non abbia potuto dare risposte plausibili e che se la cavi con l’arresto di alcuni narco-poliziotti (forze dell’ordine al soldo dei narcos e di narco-politici).
Dietro alla mattanza di Iguala c’è molto di più: frammenti di narco-stato, volontà politica di annichilamento della dissidenza sociale, difesa di interessi economici locali e transnazionali, militarizzazione dei territori, mantenimento dei patti d’impunità tra le élite politico-economiche.
Si chiede all’Unione Europea di mantenere sotto osservazione internazionale gli atti di repressione contro i movimenti sociali messicani e di fornire un sostegno concreto per costruire vere garanzie di “non-ripetizione” delle violazioni, di rispetto e accesso pieno ai diritti dell’uomo e di riparazione del danno. “Cerchiamo garanzie reali di non-ripetizione e le dobbiamo costruire tra di noi, con i popoli e le comunità, insieme alle organizzazioni sociali e ai collettivi. Queste garanzie non le possiamo chiedere alle stesse istituzioni del governo da cui vengono le violazioni ai diritti umani”, spiega Omar García.
I partecipanti puntano a informare la comunità internazionale sulla lotta dei genitori che continua e sfida le versioni ufficiali degli inquirenti che, invece, danno per chiuso il caso e sostengono che gli studenti sono stati bruciati nella discarica di Cocula da un gruppo di narcotrafficanti. Ciononostante le voci di studiosi ed esperti che, dati alla mano, negano categoricamente questa possibilità sono state ignorate. L’attenzione mondiale non può spegnersi e adeguarsi a mezze verità ufficiali.
Per questo la carovana percorrerà l’Europa, specialmente la Otra, l’Altra Europa, organizzata dal basso: da Londra a Madrid, da Berlino a Helsinki, da Zurigo a Parigi e tante altre città sono previste camminate, manifestazioni, incontri pubblici, atti di denuncia, sit-in fuori da consolati e ambasciate messicane. La brigata di Ayotzinapa condividerà quasi sette mesi di resistenza, lotte e organizzazione.
Gli inquirenti messicani non hanno aperto nessuna indagine sull’Esercito e sulla polizia federale, né hanno previsto di imputare il reato di “sparizione forzata” ai funzionari e in stato d’arresto. Perché? Perché implicherebbe riconoscere le responsabilità dello stato stesso. La brigata chiede a gran voce che le indagini vadano a fondo anche se questo significa investigare il nucleo malato e corrotto delle istituzioni.
Sono tanti i governi e i paesi europei che hanno firmato accordi e trattati con Il Messico che includono capitoli sul rispetto dei diritti umani, ma resta debole la pressione in tal senso. S’implementano più efficacemente, invece, gli accordi sui temi della sicurezza e del commercio, sulla vendita di armi e la formazione di polizia ed esercito, anche se poi parte di queste risorse finisce per essere canalizzata verso la repressione e rifocilla le leve della criminalità organizzata. I genitori di Ayotzinapa denunciano anche queste complicità.
“I nostri interlocutori in Europa in questa occasione sono le organizzazioni sociali, i collettivi, i media liberi, o come si chiamino, la società civile organizzata. Veniamo a ringraziarvi per tutto il vostro sostegno e a insistere sul fatto che è necessario che come comunità e società dal basso continuiamo a organizzarci per trasformare una volta per tutte questo sistema di potere e corruzione fondato sulla spoliazione, il disprezzo, lo sfruttamento e la repressione contro le nostre genti. Dobbiamo farlo insieme, dai nostri luoghi d’origine, coordinati e organizzati, perché così come i potenti hanno globalizzato il saccheggio, noi abbiamo il dovere sacro di globalizzare la resistenza, la degna rabbia e l’allegra ribellione”, chiarisce García. La carovana si concluderà il 20 maggio e la brigata ripartirà per il Messico da Londra.
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