Settimane fa, i gruppi giovanili zapatisti si sono riuniti per vedere come promuovere il tema del común tra di loro e con i giovani dei partiti (non zapatisti, ndr).
Hanno pensato a una maratona (di 23 chilometri) su strade sterrate con forti pendenze (le “lomas”, come le chiamiamo qui).
Il loro piano prevedeva che non ci fossero premi per benefici personali tra i vincitori. L’obiettivo era invece che il premio fosse una base produttiva da cui partire con i collettivi nei loro villaggi. Da lì il passo successivo è che si possano creare progetti comuni, in cui siano coinvolti giovani dei partiti.
I premi erano quindi animali d’allevamento, pecore pelibuey e animali da fattoria. Anche se le coppie di pelibuey sarebbero state destinate ai primi classificati, tutti i partecipanti sarebbero stati pagati per acquistare polli e avviare i loro progetti di fattorie collettive. Il GAL (Governo Autonomo Locale) di ogni villaggio si occuperà di verificare che l’impegno sia stato rispettato e chiederà dei resoconti.
Questo è ciò che mi hanno spiegato che avrebbero fatto e (sono zapatisti) così l’han fatto.
Hanno scelto la data del 16 settembre per celebrare l’inizio della guerra d’indipendenza e il posto che i popoli originari hanno avuto e hanno tuttora in quel processo – e in tutta la storia di questa geografia chiamata “Messico”.
Secondo quanto mi dicono i Tercios Compas della zona (Nota: i “Tercios Compas” sono gruppi di giovani zapatisti che svolgono il lavoro di media di comunicazione: dalla ripresa, al montaggio, alla realizzazione di registrazioni, programmi radiofonici e registrazioni sonore, fino alla “copertura” di ciò che accade nelle loro città, regioni e zone), la maratona iniziava alle 3 del mattino ora nazionale (le 4 del mattino ora del sud-est zapatista) e, da due punti di partenza, sarebbero confluiti nel Puy (o “caracol”) di Dolores Hidalgo. Ci sarebbero state categorie di “jóvenas” e jóvenes, cioè donne e uomini.
Sebbene non ci fossero limiti di età, si registrarono circa 200 giovani zapatisti, uomini e donne. La loro età media era inferiore ai 20 anni, ma la maggior parte di loro sono giovani uomini e donne tra i 12 e i 16 anni.
I gruppi giovanili che non hanno corso la maratona si sono organizzati in modo tale che alcuni di loro hanno coperto la partenza con slogan di incitamento; altri hanno coperto l’arrivo con incitamenti e striscioni; altri sono andati in camion per incitarli lungo la strada in caso di svenimento di qualcuno, e con musica e parole sul común mentre attraversavano le comunità; altri ancora si sono occupati dei discorsi sull’indipendenza, della consegna dei premi a chi ha partecipato e del ballo alla fine della maratona.
Quelli che sono arrivati per primi sono arrivati circa tre ore dopo la partenza. Ma la maggior parte era ancora a un terzo o a metà del percorso. I coordinatori si sono consultati tra loro per decidere se i mancanti sarebbe stati recuperati in camion e portati all’arrivo. È stato deciso che avrebbero chiesto a quelli che erano in corsa.
Secondo quanto mi è stato riferito, le compagne a cui fu offerta la possibilità di salire sul camion rifiutarono, rispondendo, più o meno, qualcosa come “Certo che no. Arriveremo dove dobbiamo andare, forse ci vorrà un po’ di tempo, ma ci arriveremo, anche se dovremo strisciare”. Quando hanno sentito questa risposta, anche gli uomini hanno dovuto rifiutare di essere “salvati”.
E, infatti, arrivarono tutte e tutti. La sera hanno ballato. E così è andata la celebrazione del 16 settembre… sulle montagne del sud-est messicano.
Posso testimoniarlo.
El Capitán.
Messico, settembre 2024.
P.S. DI MORALE DI FRONTE ALLA TEMPESTA. – Ci sono stati uomini e donne che hanno tenuto il passo e il ritmo e hanno portato a termine la sfida nei primi posti. Gli altri hanno spiegato: “si sono preparati con largo anticipo perché sapevano cosa avrebbero affrontato”.
P.S. GOSSIP AUTOGOL DI GENERE. – L’inviato speciale zapatista sul posto mi racconta: “Gli uomini sono arrivati al traguardo e sono crollati esausti. Con i crampi e coperti di terra, sdraiati sulla spianata del caracol, ascoltavano solo gli slogan e il rumore. Uno dei corridori ha confessato: “uh compa, non sto pensando di ballare, in questo momento mi fa male anche il cappello”. Le compagne, invece, si limitavano a bere acqua e a chiedere a che ora si sarebbe ballato. Mentre un gruppo di ragazze rideva e scherzava tra loro su come erano finite, una di loro ha dichiarato: “Abbiamo chiesto l’ora del ballo per vedere se saremmo state in grado di fare il bagno, o di ballare così come siamo visto che siamo già del colore della terra”. Sorridevano tutti felici. Avevano completato 23 chilometri di un percorso ingrato, sulle cui colline anche i veicoli a motore fanno fatica.
Mmh, non credo che questo lo metterò. Sarebbe come riconoscere che le compagne hanno più resistenza dei compagni, e la solidarietà di genere mi impedisce di farlo. Quindi cancellate questa parte.
P.S. AL GOSSIP. – E così, quando iniziarono le danze, solo le giovani donne si alzavano in piedi al ritmo della cumbia. Solo dopo un po’, e in quello che si chiama “orgoglio di genere”, gli uomini si sono uniti. Con smorfie e trasalimenti, ma senza perdere la calma, hanno detto: “Stiamo bene, è solo un nuovo modo di ballare che abbiamo appena inventato chiamato ‘Cumbia di Questo ti succede per non prepararti per quello che deve succedere’”.
-*-
Gli echi di una danza lontana e di una tastiera competono con i grilli stonati. Un luccichio e l’odore di tabacco delineano appena una figura sull’architrave della baracca. La notte è già regina e padrona sulle montagne del sud-est messicano. Si alza l’alba, con una tela di stelle e una luna frastagliata come medaglia sul petto, ondeggiando i fianchi al ritmo della “cumbia del Común”.
Ancora una volta lo attesto.
Il Capitano.