Kurdistan

Never alone

Il terzo report della Carovana Internazionale per l’apertura di un corridoio umanitario verso Kobane.   tratto da Rojava Calling

Martedì 15 settembre
Continuano ad arrivare partecipanti alla Carovana mentre prosegue l’offensiva turca nei confronti del Kurdistan. 

La sera del 14 settembre il pullmino della Carovana diretto ad Urfa è stato fermato e perquisito dalla polizia. All’interno del pullman erano presenti anche i due parlamentari italiani che hanno tentato, senza esito, di opporsi alla perquisizione. Abbiamo notato che negli ultimi giorni il livello di attenzione attorno alla nostra presenza è aumentato notevolmente. Siamo costantemente seguiti e monitorati dai mezzi blindati della polizia e siamo costretti a pianificare gli spostamenti con cura.

NEVER ALONE

Un intenso incontro con le donne ci riporta nel campo dedicato ad Arin Mirxan che avevamo visitato il primo giorno di Carovana, ad accoglierci ritroviamo anche la deputata HPD Leila… che si stringe con tutte noi intorno allo striscione che abbiamo portato “we can be free together, but we can’t be free alone – international feminist solidarity”. La rappresentante di KJA (Free Women Congress) ribadisce che il messaggio femminista per la libertà e l’emancipazione di genere deve viaggiare oltre i confini, gli stessi che il confederalismo democratico vuole abbattere.

L’AGENDA POLITICA

Nella sede della BDP, declinazione regionale del HDP – dove si ritrovano abitualmente gli attivisti politici di Suruc – rivediamo tanti volti che ci hanno accompagnato in questi giorni. Le pareti sono piene di immagini di martiri curdi ed internazionali, attorno a noi le riunioni si susseguono mentre lo spazio è attraversato da un flusso continuo di attivisti, che si informano sull’evolversi della situazione a Cizre e Diyarbakir. Partecipiamo all’incontro con rappresentanti del BDP e del KJA. L’Europa, vista da qui non è solo un approdo per i profughi in fuga ma è parte colpevole per l’assenza di politiche di accoglienza che facciano fronte al flusso migratorio. “Qui abbiamo accolto 250.000 profughi” dice il rappresentante BDP, “l’Europa non può pensare di aprire le sue porte solo a 10.000 persone”. Il Tema dei profughi e della loro accoglienza ritorna negli interventi che seguono, “ma è necessario fissare un’agenda politica condivisa più ampia – incalza Ajse Gokkan di KJA Diplomacy – che oltre a denunciare il business dell’accoglienza, includa la partecipazione delle donne, il riconoscimento politico dell’esperienza del Rojava in una Siria Democratica”. Infine, oltre alll’apertura di corridoi umanitari a Kobane e la sua ricostruzione, ci ricordano gli altri accessi alla regione, come Nisebin, Qamislo, Alcakale, Gre Spi e la questione del popolo Ezida che sta subendo il 73° genocidio della sua storia.

ACCESSO NEGATO AL GATE DI MURSITPINAR – KOBANE

Nel pomeriggio, assieme ad una delegazione locale, ci dirigiamo verso la frontiera, sui furgoni medicinali e apparecchiature sanitarie destinate agli ospedali di Kobane, quaderni e pastelli colorati per le scuole della città. Per varie settimane la municipalità di Suruc ha richiesto al governo centrale di aprire la frontiera per lasciar passare la carovana. I quattro pullman si dirigono verso il confine, sotto lo stretto controllo delle forze di polizia locale. A circa cinquecento metri dal gate incontriamo un posto di blocco: blindati e barricate mobili ci impediscono di proseguire. Decidiamo di tentare una deviazione, ma tutti gli accessi al confine sono sorvegliati. “La Turchia ci ha negato il permesso di passare” ci dicono i compagni curdi. “Il governo minaccia di chiudere la frontiera e di impedire il passaggio ad ogni tipo di merce verso il Rojava.” Il posto di frontiera di Suruc è aperto solo tre giorni a settimana, una nostra forzatura potrebbe comportare un blocco a tempo indeterminato dei rifornimenti verso Kobane. Il ricatto del governo è palese e gioca sulla vita di decine di migliaia di persone lungo il confine. Ripieghiamo nel vicino villaggio di Mesher, un gruppo di case sotto il sole battente, luogo strategico della resistenza, dal punto di vista sia logistico che politico. Le staffette partite dall’Italia hanno fatto spesso base qui.
Veniamo accolti da una delegazione del villaggio e dai membri dell’associazione “Rojava”, per una conferenza stampa di denuncia di ciò che sta avvenendo. “Gli aiuti umanitari verranno consegnati all’associazione Rojava, che si occuperà di farli arrivare oltre il confine”. Il copresidente del BPD di Suruc ha ribadito l’importanza della nostra presenza. “E’ oltre un mese che chiediamo l’autorizzazione per il vostro ingresso, anche solo in forma di delegazione, ma solo oggi le autorità turche hanno definitivamente intimato di non avvicinarci al confine”. Una presa di posizione chiara, che ha lo scopo di isolare Kobane tenendo lontana la solidarietà internazionale. E’ la prima volta che un’iniziativa di questo genere, lanciata pubblicamente dai movimenti, con attivisti da tutta Europa, mette al centro del dibattito la questione del corridoio umanitario, che sembra poter mettere in difficoltà il governo di Ankara rispetto ai suoi obblighi internazionali.

La Carovana Internazionale per l’apertura di un canale umanitario verso Kobane.

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