Presidio di fronte al consolato messicano di Milano per esigere verità e giustizia per i 43 desaparecidos di Ayotzinapa
Dopo l’incontro tra i media indipendenti e la delegazione di Ayotzinapa, la giornata di martedì 28 aprile ha visto altre iniziative attraversare la città di Milano: protagonisti sempre Eleucadio Ortega, padre di Mauricio Ortega Valerio, 18 anni, uno dei 43 studenti scomparsi durante l’attacco del 26 settembre scorso a Iguala, Omar García, portavoce del Comitato studentesco della scuola rurale normale di Ayotzinapa e Román Hernández, del Centro per i Diritti Umani della Montagna Tlachinollan insieme ai diversi collettivi ed associazioni che in questi giorni stanno accompagnando la delegazione nel loro viaggio italiano per raccontare i fatti di Ayotzinapa, esigere giustizia per i 43 studenti ed intrecciare relazioni con le realtà italiane ed europee che stanno appoggiando le loro richieste.
La giornata di martedì è stata molto intensa ed è iniziata alle 15.00 con un presidio di fronte al consolato messicano a Milano: qui un centinaio di attivisti con striscioni e megafono hanno voluto mantenere alta l’attenzione internazionale su un crimine – la sparizione forzata dei 43 giovani – tutt’oggi impunito e che vede come responsabile principale lo Stato messicano.
Si sono susseguiti numerosi interventi al microfono: Omar García spiega che il governo messicano ha dato la colpa delle sparizioni ai Narcos, ma dare la colpa ai Narcos è come dare la colpa dei morti nel Mediterraneo degli ultimi giorni agli scafisti: non bisogna vedere il fatto in sé, ma essere in grado di leggere le cause alla radice delle sparizioni e delle violenze in Messico. Le indagini portate avanti dal Governo messicano sono ridicole in quanto il caso è stato velocemente chiuso additando i Narcos come colpevoli, quando si conoscono perfettamente le connivenze tra Stato e i principali Cartelli della droga nel paese: pertanto le risposte del governo sono state messe in discussione non solo dai genitori degli alunni e dai movimenti sociali, ma delle organizzazioni internazionali che si occupano di difesa dei diritti umani come la Commissione Interamericana dei Diritti Umani.
Eleucadio sostiene che i giovani siano tuttora vivi, sequestrati dal governo federale e ripercorre il massacro di Iguala perpetrato dalla polizia il 26 settembre: non crede alla versione governativa che vuole gli studenti uccisi e gettati nella discarica di Cocula per mano dei Narcos. I genitori esigono che i ragazzi vengano restituiti vivi alle loro famiglie e stanno girando l’Europa in queste settimane proprio far conoscere la verità alla società civile internazionale.
Román spiega che i genitori non credono alla verità data dallo Stato, una verità esclusivamente politica e mediatica. Román spiega anche che nelle giornate dell’Expo milanese il Messico istituzionale mostrerà al mondo un volto falso, un paese tranquillo dove i diritti umani vengono rispettati: in realtà il volto del paese è macchiato di sangue, nonostante il governo cerchi di ripulire la sua immagine. Anche negli Stati Uniti e in Canada si sta snodando una carovana di genitori e studenti di Ayotzinapa per incontrare i movimenti sociali dal basso per unire le lotte a livello globale, per globalizzare la resistenza e la richiesta di verità e giustizia.
Foto: Centro sociale Cantiere, Milano
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