Ci siamo messi in cammino al suono di una voce. La voce di uomini e donne, indios delle comunità zapatiste, col volto nascosto da un passamontagna perché nascosto è il volto di tutti gli oppressi del mondo. Dall’altra parte del mondo, dalla finestra di un municipio occupato in armi, questi uomini e donne ci ha parlato di democrazia dal basso, di dignità ribelle, di rabbia degna di essere vissuta. Hanno riversato nei nostri cuori la voglia, il bisogno, la gioia di urlare con loro “Ora basta”, “Ya Basta”.
Ci hanno insegnato, come già scrisse un altro grande rivoluzionario prima di loro, a sentire qualsiasi ingiustizia commessa in qualsiasi parte del mondo come se fosse stata fatta a noi stessi, ai nostri compagni, ai nostri fratelli.
Al suono di quella voce ci siamo messi in cammino. Abbiamo varcato l’oceano e raggiunto le verdi vallate della Selva Lacandona dove le popolazioni zapatiste difendono, a prezzo della loro vita, l’autonomia e la libertà dei loro Caracoles.
Ancora, lungo le placide acque dell’Orinoco abbiamo condiviso la “chica” con gli ultimi waurani, il “popolo guerriero”, che combatte senza tregua contro le multinazionali del petrolio che stanno spianando l’Amazzonia.
Nell’estremo sud del mondo, negli spazi sterminati della Patagonia, abbiamo sostenuto la lotta e le occupazioni dei mapuche, scacciati, violentati e derubati della loro Mapu Ñuke, la madre terra, dalle multinazionali.
Nelle favelas di Rio, abbiamo incontrato i diseredati, cacciati dalle loro case per far spazio ai grandi eventi del mondiale di calcio. Nelle grandi “avenida” di São Paolo abbiamo manifestato fianco a fianco di studenti, di lavoratori e disoccupati che gridavano la loro rabbia e la loro disperazione.
Tra i mille colori delle foreste del Paranà abbiamo vissuto con le comunità dei Sem Terra e commerciamo lo zucchero che profuma la loro terra.
Le Primavere arabe, sull’alta sponda del nostro stesso mare, ci hanno portato sui deserti della Tunisia sino al campo profughi di Ras Jadir, ai confini con la Libia in fiamme. Oltre il Mediterraneo, ai Social Forum di Tunisi per ascoltare la voce dei movimenti del mondo e per portare quella dei movimenti italiani.
Nelle piazze di Istanbul in rivolta, abbiamo documentato l’uso di gas tossici da parte della polizia turca e condiviso la battaglia per la democrazia degli studenti turchi. E ancora, nella Palestina insanguinata ed occupata dall’esercito di Israele abbiamo fatto scudo con i nostri stessi corpi alle ruspe di Israele lanciate contro i villaggi.
Le nostre carovane sono arrivate a Kobane, città martire, città assediata dai fascisti e abbandonata nell’indifferenza all’ipocrisia del mondo. Qui, dove donne e uomini combattono in armi, abbiamo documentato la tenace lotta dei curdi per la loro autonomia, per la loro libertà.
Oggi Ya basta è un vasto arcipelago di associazioni diffuse in differenti città italiane che, in piena autonomia, portano avanti centinaia di progetti volti a sostenere le comunità resistenti di diversi paesi nel mondo.
Nel nord est, Ya Basta Venezia, Ya Basta Trento, Ya Basta Treviso hanno scelto di unirsi sotto un unico nome per meglio finalizzare i progetti in corso, dare più forza alle prossime carovane per il Chiapas e per Kobane, preparare assieme la partecipazione al prossimo Cop21 a Parigi. Perché, proprio nei nostri viaggi abbiamo visto con i nostri occhi come siano le scelte economiche ad alterare il clima e a bruciare negli altari della finanza diritti e democrazia. In Italia, in Europa, come nelle frontiere dimenticate del mondo. Il nome che ci siamo dati è Ya Basta Êdî Bese!. Che altro non significa che “ora basta” in lingua curda.
Tanti i confini che abbiamo varcato, tantissime le battaglie che abbiamo sostenuto. Tanti i progetti ancora in corso, tantissimi quelli che ancora porteremo avanti con tutti coloro che vorranno camminare assieme a noi.
Ass.ne Ya Basta! Êdî Bese!
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